San Gregorio a Paganica e Monte Scindarella

Il punto di osservazione speciale per la cresta dal Pizzo Cefalone al Corno Grande fino al Monte Camicia


Questa estate strana, pazza, piovosa e costantemente in bilico tra “rivolture”, pioggie e temporali ci ha impedito di portare a termine l’idea di percorrere il tratto centrale del centenario. Il progetto era di attraversare la piana Campo Imperatore seguendo il sentiero 117, inizio del sentiero praticamente duecento metri dopo la prima area di parcheggio una volta presa la direzione per l’osservatorio ; saremmo saliti direttamente al Vado di Pieverano e da lì, seguendo le ferrate cercare di arrivare alle Torri di Casanova e all’Infornace. Uscendo dall’autostrada c’era assoluta assenza di vento, ma dopo Fonte Cerreto ad ogni tornante le folate diventavano sempre più forti; il cielo blu e libero da nubi non ci faceva però pensare a complicazioni. Solo arrivando nei pressi della piana, superata la dorsale di Monte Cristo e del San Gregorio a Paganica ci si sono mischiate le carte. La cresta del centenario appariva, anzi sarebbe meglio dire spariva, tra nubi scure e vorticose, velocissime segno di presenza di vento forte in quota. Siamo rimasti un mezz’oretta in macchina ad attendere una improbabile evoluzione, forse siamo rimasti fermi solo per cercare di sbollire la delusione e per cercare un motivo per continuare il progetto. Le condizioni di vento forte a raffiche e soprattutto l’idea di fare la cresta, le ferrate, nel mezzo delle nuvole scure che ci avrebbero anche impedito di goderci tutto il bello che avevamo intorno, ci hanno convinto che non valeva la pena proseguire. Anche il desiderio antico di Marina di salire su quei tratti così belli di cresta meritava altre condizioni. Non valeva la pena andare oltre. Quelle creste immerse nelle nuvole erano però anche baluardo alle nuvole stesse per proseguire la loro corsa e spandersi per il piano; alle nostre spalle iniziava la lunga dorsale del San Gregorio a Paganica e dello Scindarella completamente libera dalle nuvole, battuta dal vento ma assolata. Una sorta di ripiego ma nemmeno troppo perché tre montagne che facevano parte di questa cresta erano nel mirino della “raccolta”punti del Club 2000 per Marina; la vista “unica” sull’intera catena, dal Corno Grande al Camicia, che avrebbe offerto dava lo spunto in più per non avere ulteriori indugi sul da farsi. Torniamo indietro di duecento metri dalla piazzola del parcheggio e prendiamo sulla destra la stradina asfaltata che giunge allo stazzo di Sant’Egidio e che ci permette di risparmiare quasi cento metri di dislivello, parcheggiamo l’auto praticamente ai piedi della dorsale erbosa che scende dal San Gregorio a Paganica. Senza tracce di sentiero salendo per linee ovvie sui pratoni ad evitare i tratti più ripidi, veniamo inseguiti da una gruppo di sei o sette maremmani a guardia di un gregge lontano, neanche avessimo rappresentato una minaccia; sono venuti correndo per quasi cinquecento metri, abbaiando e zanne di fuori, la situazione era quanto meno complicata. Solo il mulinare dei bastoncini, qualche urlaccio ma soprattutto i comandi incomprensibili del pastore, che per fortuna dal rifugio, anche se già lontano, si era accorto della situazione, hanno evitato il peggio. I cani si sono bloccati, hanno indugiato minacciosi per qualche momento ma per fortuna hanno obbedito al padrone. Solo poche settimane fa salendo al Meta avevamo avuto stessa sorte! Che palle !!! Diagonalmente raggiungiamo lo spigolo Est della dorsale, vuoi per una scelta ovvia dettata dalle pendenze, vuoi perchè era la linea retta per allontanarci il prima possibile dai cani e per sparire alla loro vista; la pendenza sullo spigolo è meno ripida e la vista sulla piana e sul Brancastello ripaga già. La dorsale non sale continua, un primo tratto che si appoggia a ridare fiato, poi un secondo ed al terzo siamo praticamente sulla cresta sommitale, dove lo sguardo si allarga a tutto il gruppo del Gran Sasso, alla dorsale rocciosa e ripida dello Scindarella, fino al Pizzo Cefalone e oltre, fino allo Ienca. Il Corno Grande è incappucciato da nuvoloni , ci rimarà per tutta la giornata, dal Vado di Corno la cresta del centenario è un susseguirsi di nuvole e tratti liberi da queste, dove l’azzurro del cielo sembra ancora più azzurro, fino alle Torri e all’Infornace che sembrano giocare a nascondersi sul filo delle nuvole, Il Prena ed il Camicia non si vedono tanto sono immersi nelle scure nuvole. In vetta al San Gregorio a Paganica c’è un ometto di pietre, poco sotto iniziano sparuti segnali bianco rossi appena visibili, una montagna “anonima” se non fosse per gli scorci che offre e per far parte di una lunga cresta panoramicissima. Il vento ci sbatte un pò, a tratti è fresco, superata la vetta del San Gregorio a Paganica seguiamo ora le tracce evidenti del sentiero tra i pratoni che in molti tratti non seguono il filo di cresta. Risuciamo anche a fermarci in una valletta verso ovest dove magicamente il vento sparisce; ne approfittiamo per sederci a godere del panorama verso la piana dell’Aquila e per mangiare qualcosa. Il resto della dorsale è la più bella, rocciosa, con anfiteatri ripidi e sassosi, con esposizioni dirette verso valle, ne guadagnano gli scorci verso la cresta del centenario, che , maledetta, nel frattempo si è scrollata completamente dalle nuvole. Nessun rimpianto, col vento che c’è non sarebbe stato bellissimo e facilissimo percorrerla. Proseguiamo tra prati e roccette, qualche dolina sommitale fa sparire i panorami quando ci entri dentro e sei solo immerso nel verde. Quando risbuchiamo siamo nei pressi della vetta dello Scindarella, è il secondo 2000 della giornata per Marina. Qualche foto nei pressi dell’omino di vetta e poco dopo arrivano altri due escursionisti, uno dei due è Giuseppe Albrizio ed è un vero piacere ritrovarlo. E’ dalla riunione del club 2000 di due anni fa che non ho il piacere di incontrarlo, il nostro “direttore” nonché l’esempio di escursionista per eccellenza. Inevitabile non immortalare il momento e fotografarsi insieme. Riprendiamo le nostre escursioni per direzioni contrarie, così come da direzioni opposte siamo arrivati. Per noi è stata discesa fino all’anticima dello Scindarella, “deturpato” dalla presenza degli impianti di risalita delle piste da sci di Campo Imperatore. Decidiamo di completare il giro senza risalire la dorsale; prendiamo la cresta che scende dall’anticima dello Scindarella , non difficile ma a tratti scomoda, rocciosa e colma di detriti. In basso pieghiamo a destra entrando dentro delle piccole valli, ambienti suggestivi che si insinuano tra i modesti rilievi che degradano verso il piano; doveva essere un modo per scendere e si è tramutato in un contatto con una natura vera. Nessun sentiero, fioriture, tratti ripidi e dominati dalla dorsale dello Scindarella, più giù lo stazzo Cupillari ormai quasi abbandonato ed invaso da alte fioriture di cardi. Tra cardi e erba alta arriviamo a ciò che rimane della traccia di sterrata che diagonalmente ci fa guadagnare facilmente il nastro di asfalto che ci farà chiudere il giro. Non è bella cosa ritornare per una strada asfaltata, ma siamo sul piano di Campo Imperatore circondati da magnifiche montagne, tra mandrie di mucche al pascolo; il traffico è minimo non infastidisce, in alto scorre la dorsale appena percorsa, insomma averlo fatto ha avuto il suo senso. Un po’ più di un’ora per chiudere il giro e ritornare alla macchina; lungo il percorso abbiamo potuto individuare con precisione l’attacco del sentiero 117, nella prateria e sulle pendici erbose delle Torri di Casanova che si staccano dal piano si riescono anche ad individuare le labili tracce del sentiero che sale. Se questa pazza estate mette giudizio il progetto della ferrata sulle Torri e sull’Infornace è solo rimandata di poco. Alla fine questo giro è stata una lunga passeggiata, seicento metri di dislivello e nessuna difficoltà, qualche chilometro in più di una semplice passeggiata, alla fine sono stati quasi dodici, ma è stato sempre appagante avere di fronte l’ambiente unico di Campo Imperatore circondato come è dalle sue lunghe creste. Il piccolo Tibet è stato chiamato, lungo questa dorsale, qual’ora ce ne fosse ancora bisogno, ne ho capito il perché.